domenica 4 marzo 2012

Make Money Fast!

Allora, parliamo di soldi; o meglio, di cosa fare con i soldi per aumentarne la quantità. Supponiamo depositiate in banca al tempo $t=0$ un capitale di 1 Euro ad un rateo di interesse $r$. A questo punto, l'ammontare del vostro capitale aumenterà ad un ritmo: $\dfrac{dB}{dt}=rB$ che è un'equazione differenziale ragionevolmente semplice da risolvere; imponendo la condizione iniziale $B(0)=1$ (l’euro che avete versato) si ricava: $B(t)= e^{rt}$. E, almeno sin quando ci fidiamo dell'esponenziale (leggasi: sin quando il tasso di interesse è abbastanza alto), siamo tutti contenti. Un deposito in banca è un esempio di $\textit{asset}$  finanziario $\textit{senza rischio}$, ossia indipendente dall'$\textit{andamento del mercato}$. Ora, siccome le banche non sono degli enti benefici, ci si chiede come facciano a prendervi dei soldi e a rendervene di più: molto semplicemente, a voi danno pochi soldi in più per i vostri e, una volta che hanno i soldi, li prestano (a tasso decisamente più alto di quello che danno a  voi) a qualcuno che intende compiere delle operazioni rischiose ma che forniscano molti soldi alla svelta; siccome le operazioni sono rischiose, ci si aspetta rendano più di un conto in banca (altrimenti sarebbe da stupidi) ma, essendo rischiose, per rischiare il meno possibile le banche non prestano tutto in un unico campo, ma tendono a diversificare i loro investimenti. Vediamo quali possono essere questi altri investimenti. Un modo leggermente più rischioso del semplice deposito in banca è quello di investire in $\textit{bond}$: in pratica, se tutto va bene vi ridanno i soldi (anzi, ve ne danno qualcuno in più); la differenza rispetto al conto in banca è che il pagamento avviene a date ben definite, dette la $\textit{maturità}$  del buono; sono considerati ragionevolmente sicuri, tranne per il fatto che l'ente di emissione potrebbe saltare ($\textit{default}$) qualche pagamento o, peggio ancora, potrebbe proprio decidere di non pagarli più, trasformandoli in carta straccia (bond argentini). Un privato, ad esempio un'azienda che abbia  necessità di capitali per investire, può decidere di vendere $\textit{azioni o stock}$); in pratica, vi comprate un pezzetto di azienda, e vi assicurate una partecipazione ai profitti; non solo, ma se l'azienda aumenta di valore, potete sempre rivendere le azioni ad un prezzo maggiore di quello al quale le avete comprate, garantendovi un guadagno; evidentemente, qui il rischio nasce dal fatto che l'andamento economico di un'azienda è impredicibile, e quindi tanto per cominciare non sapete con quanto  vi ritroverete alla fine, e secondariamente potreste ritrovarvi meno di quanto avete pagato. Giusto per complicarci la vita, descriviamo questa variabilità attraverso $\textit{due}$  termini: una parte $\textit{predicibile}$, indicata da $\mu$ e un termine “fluttuante” di rumore, indicato con $\xi(t)$: il guadagno risulta allora $\dfrac{dS}{dt}=[\mu + \xi(t) ]S$. E basandovi sull'esempio precedente potete integrare l'equazione e calcolare quanto vi ritrovate in tasca alla fine. Egoisticamente, vorremmo trovare il modo di guadagnarci anche quando l’azienda sulla quale investiamo sta perdendo punti. Logicamente, la cosa comporta un certo rischio, in quanto altrimenti sarebbe tutto troppo semplice; quel pescecane del nostro consulente finanziario ha già pronti un paio di “oggettini” fatti apposta per situazioni di questo genere. Questi oggetti sono noti come $opzioni$  $(options)$ o $futures$: viaggiano in due sensi, vediamone metà e poi ci complicheremo la vita. Definizione teorica: Un’opzione europea$^{1}$ di $call^{2}$ con prezzo di esercizio ($strike price$) $K$ e maturità ($expiration$ $date$) $T$ rispetto ad un $asset$ $soggiacente$ $S$ è un contratto che dà il diritto di comprare l'asset soggiacente $S$ al momento $T$. Ossia, voi vi mettete d’accordo con qualcun altro e gli dite che aprite un’opzione di $call$ a sei mesi per due euro l’una su determinate azioni. Se tra sei mesi le azioni valgono dieci euro l’una, problemi suoi: deve vendervele a due euro, e i soldi in più quando rivendete le azioni sono tutti vostri; se invece tra sei mesi quelle azioni valgono meno di due euro, non esercitate l’opzione e vi tenete i vostri soldi (o comprate le azioni sul mercato azionario, che costano meno). Se a questo punto vi sorge il dubbio di aver trovato la gallina dalle uova d'oro guadagnandoci in ogni caso, colpa mia: non vi ho detto che per comprare l'opzione pagate “un tot”, e il problema che vogliamo esaminare consiste proprio nel determinare questo “tot”. Cominciamo con qualche notazione. Supponiamo di esercitare un'opzione di $call$; in questo caso, avremo un guadagno pari a $max(S- K;0) - C_0$, dove con $C_0$ abbiamo indicato il "tot" di cui sopra: insomma, i nostri due pescecani hanno visioni completamente diverse del mercato (secondo chi compra l'opzione sale, secondo chi la vende scende), ma dobbiamo giustappunto determinare la costante in modo tale che nessuno dei due abbia una possibilità maggiore di vincere. Tra l'altro, una volta che avete sottoscritto un'opzione, nulla vi vieta di venderla, e qui si procede come per le azioni, ossia chi offre di più; capite quindi che determinare $C_0$ diventa una faccenda decisamente importante anche se non intendete esercitare l'opzione direttamente ma (come succede nella maggior parte dei casi) rivenderla. Per capirla, però, dobbiamo prima studiare qualche altro metodo per fare soldi, o meglio dobbiamo studiare quali categorie di investitori si occupano di questi aggeggi. Un primo metodo è quello dell'$hedging$: supponiamo abbiate comprato delle azioni di un qualche tipo, ma siate preoccupati dal fatto che il mercato nel futuro possa scendere; potreste vendere le azioni e tenervi i soldi, ma esiste un modo migliore: comprate un'opzione $put$ sulle vostre azioni. In questo modo, se il mercato scende potete sempre venderle al prezzo attuale (guadagno zero) mentre se sale potete tenervele, con il guadagno corrispettivo. Insomma, qui l'opzione funziona come un'assicurazione: ad un piccolo costo (giustappunto $C_0$) vi garantite la sicurezza del tracollo$^{3}$, quindi è un investimento a basso rischio. Al contrario, gli $speculatori$ prendono una posizione molto più decisa sul mercato, assumendo dei rischi; se siete convinti che un'azione nei prossimi mesi salirà, oltre alla normale possibilità di comprare l'azione, avete anche quella di comprare un'opzione $call$ su di lei. Questo non solo costa molto meno che comprare l'azione$^{4}$, ma garantisce ritorni molto maggiori: con spesa minore, vi tornano in tasca gli stessi soldi di chi l'azione l'ha comprata sul serio. Il terzo metodo è complicato, in quanto si basa su mercati diversi (non solo, ma solitamente in questo gioco si riesce ad entrare anche senza capitali); prima, però, un altro termine gergale: se vendete qualcosa che non avete (ma promettete di comprare, eventualmente in modo virtuale, in un prossimo futuro), si parla di $short$ $sell$. Se nell'intervallo tra la vostra vendita e l'acquisto reale le azioni scendono, realizzate un guadagno, mentre nel caso contrario ci perdte; per questo, di solito, assieme allo $short$ $sell$ si piazza anche un'altra operazione per limitare il rischio. Vediamo un esempio; tenete conto che la stessa azione, su mercati diversi, può avere diverse quotazioni, e proprio su questo si basa l'arbitraggio. Supponiamo una certa azione sia valutata a New York 100 dollari; la stessa azione alla Borsa di Milano viene valutata 65 euro, con 1 euro pari a 1.5 dollari. A questo punto, senza impegnare una lira, facciamo uno $short sell$ di $N$ azioni New York e, con i soldi guadagnati da questa vendita, compriamo $N$ azioni a Milano; alla fine, abbiamo un guadagno di $(100 - 1.5\cdot{65})N = 2.5\cdot{N}$ dollari (poco più di un euro e mezzo per azione); anche qui i soldi non si riproducono da soli, quindi tra commissioni e il fatto che la vendita su New York fa calare il valore (e l'acquisto su Milano lo fa salire: normale legge della domanda e dell'offerta), l'operazione “distrugge sé stessa”, ossia nel momento stesso in cui la fate chi arriva secondo non ci guadagna: in un mercato “sano”, infatti, di solito si dice che non deve esistere l'arbitraggio. Bene, adesso andiamo in Borsa. Quotiamo al tempo $t_0$ un'azione di una società a 57 euro; supponiamo anche di sapere che al tempo $t_1$ ci siano due possibilità equivalenti: o l'azione sale al valore 65 euro, o scende al valore 35 euro, entrambi i casi con probabilità pari a $\dfrac{1}{2}$; in questo caso, possiamo calcolare il valore atteso del guadagno $\mu$ a partire dalla formula $(1 + \mu)S_0 = E[S_1]$, dove con $E[S_1]$ abbiamo indicato il valore atteso dell'azione alla fine del periodo; facendo i calcoli sul valore dato, $\mu = 0.0035 = 3.5\%$. Tutto chiaro, sin qui, vogliamo sperare. Ora, affinché sia conveniente comprare queste azioni, devono fornire un guadagno maggiore di quello che fornirebbe mettere i soldi in banca a tasso fisso; per comodità, supporremo che il tasso fisso mensile sia $r = 0.6\%$. A questo punto, volendo giocare sul sicuro, acquistiamo un’opzione $call$ con prezzo d'esercizio $K = 57$; si vede subito che in questo caso se il valore dell'azione sale (apice "u") avremo un guadagno al tempo dato pari a $C_1^U = 8$, mentre se il valore dell'azione scende (apice "d"), avremo un guadagno $C_1^D = 0$, e che entrambi i valori sono equiprobabili; quello che ci interesserebbe, sarebbe stabilire il prezzo di quest'opzione. Il metodo più semplice per fare il conto è noto come "$argomento$ $delta$-$hedging$", supponiamo di avere un portfolio formato da un'opzione $C$ e di andare corti su $\Delta$ azioni (il numero lo determineremo in seguito). Al tempo $t$ questo portfolio varrà: $V_t = C_t - \Delta S_t$. Dove il segno negativo indica che siamo andati corti, ossia che, in pratica, ci siamo “fatti prestare” $\Delta$ azioni dal mercato; grazie a questa formula possiamo calcolare i valori del portfolio sia al tempo $t = 0$ che ai due casi del tempo $t = 1$; abbiamo infatti: $V_0 = C_0 - 57\Delta$ o $V_1^U = 8 - 65\Delta$ o $V_1^D = -53\Delta$. Adesso arriva il trucco: scegliamo un $\Delta$ tale che il $il$ $valore$ $delle$ $azioni$ $sia$ $lo$ $stesso$ $in$ $entrambe$ $le$ $situazioni$ $possibili$ $di$ $mercato$, $ossia$ $imponiamo$ $V_1^U = V_1^D$ e calcoliamo il valore; si vede facilmente che deve essere $\Delta = \dfrac{2}{3}$, e quindi questo valore ci permette di $eliminare$ $il$ $rischio$, in quanto guadagniamo la stessa cifra in entrambi i casi. Ma se non c’è rischio, questo deve essere equivalente a mettere i soldi in banca a tasso fisso, e quindi deve dare lo stesso guadagno (altrimenti potrei costruire un arbitraggio). Da cui, sostituendo i valori: $(1 + r)[C_0 - \Delta S_0] = -\Delta S_1^D$. Dove l'incognita è $C_0$ (prezzo dell’opzione al momento dell’acquisto) ed è facilmente calcolabile, visto che tutti gli altri valori sono noti: $C_0 = 2.88$ $euro$.

Legenda
  1. Non trattiamo le opzioni Americane: l'unica differenza è che in questo secondo caso potete esercitare l'opzione in qualsiasi momento successivo alla scadenza.
  2. Esistono anche le opzioni di put, in cui vi impegnate a vendere azioni ad un prezzo concordato: cambiano solo i segni, quindi per semplificarci la vita non le trattiamo sin quando non diventa indispensabile.
  3. Siccome però i soldi non crescono sugli alberi, qualcuno ci rimette: vedasi il tracollo degli hedge funds di qualche anno fa e i default recenti. 
  4. Non è stato detto, ma vi preghiamo di notare che tutto questo lavoro si può fare anche in completa assenza delle azioni.
Bibliografia

  1. The Theory of Speculation - Louis Bachelier

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